Alcuni utenti in Cina si sono accorti che la MIUI, l’interfaccia proprietaria presente sui dispositivi Xiaomi, non consente più l’installazione dei servizi Google nei suoi smartphone.
Come ben sai, i servizi mobili Google sono indispensabili per poter utilizzare le principali applicazioni targate Google, come anche il Google Play Store.
Soventemente, in Cina, alcuni produttori sono soliti non installare i servizi mobili Google sui loro smartphone, dato il proliferare di Store alternativi che dispongono di tutte le applicazioni che possono soppiantare quelle del colosso di Mountain View.
Con l’ultimo update dell’interfaccia proprietaria Xiaomi, gli utenti provvisti della MIUI 12.5 hanno appurato e fatto sapere di non poter installare Google Mobile Services.
Al momento non è stata divulgata da Xiaomi la lista dei modelli interessati dalla modifica della policy, ciononostante, i possessori degli smartphone Redmi K30 Ultra e Redmi 10X 5G hanno confermato di non poter più essere in grado di installare le app Google.
Xiaomi fa causa al Dipartimento della Difesa e del Tesoro degli Stati Uniti
Negli ultimi tempi la mannaia degli Stati Uniti d’America si è abbattuta su alcuni produttori cinesi costringendoli ad affrontare una dura battaglia visto che la maggior parte dello sviluppo dei prodotti finiti delle tecnologie avanzate sono americane, un divieto dagli Stati Uniti può diventare un enorme problema.
Anche Xiaomi, recentemente, è stata inserita nella black list statunitense, anche se la sua risposta è stata completamente differente da Huawei visto che Xiaomi Group ha annunciato alla Borsa di Hong Kong che sta facendo causa al Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e al Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti.
Xiaomi entra nella Black List degli Stati Uniti
Xiaomi Group ha citato in giudizio i due dipartimenti sopra citati presso il tribunale distrettuale degli Stati Uniti nel distretto della Columbia.
Xiaomi ha fatto causa ai due dipartimenti perchè annoverata come una “compagnia militare cinese”. Xiaomi afferma che il fatto non sussiste perchè vi sono iniquità procedurali e errori di identificazione fattuale.
Al fine di proteggere gli interessi degli utenti, dei partner, dei dipendenti e degli azionisti globali dell’azienda, chiede al tribunale di dichiarare la decisione e revocarla.
Il governo degli Stati Uniti ha relegato 9 società cinesi nella Black list per avere legami con l’esercito cinese tra cui Xiaomi.
Secondo le norme del divieto, gli investitori statunitensi sono obbligati a vendere le loro azioni delle società “inserite nella lista nera” entro l’11 novembre di quest’anno.
Naturalmente, gli Stati Uniti hanno le loro ragioni per aver inserito queste società nella Black List. Non sappiamo se il governo degli Stati Uniti detenga delle prove sulle accuse mosse verso Xiaomi, visto che non sono di pubblico dominio. Tuttavia, trovo ingiusto inserire nella Black List un’azienda senza prove reali di illeciti.
Dovremo solo attendere per capire meglio se gli Stati Uniti saranno in grado di dimostrare le loro accuse in tribunale. Il caso Xiaomi è simile a quello che si trova ad affrontare Huawei ma molto più leggera visto che Xiaomi può ancora utilizzare la tecnologia americana sui suoi dispositivi e collaborare con aziende americane.
In parole povere Xiaomi potrà utilizzare i chip Snapdragon e Google Mobile Services, anche se l’utilizzo di quest’ultimi sui suoi dispositivi sarà limitato negli Stati Uniti.
Inoltre gli investitori americani non possono tenere relazioni di alcun tipo con le suddette aziende, hanno circa 10 mesi per vendere le azioni possedute in queste società. In particolar modo Huawei non può utilizzare la tecnologia 5G americana nè collaborare con società americane. Nonostante la nuova amministrazione Americana, le cose non sono cambiate repentinamente come ci si aspettava e forse potrebbero volerci anni prima che vengano risolti i problemi tra Stati Uniti e Cina.